Abbastanza svizzero da essere svizzero?
Un quarto delle persone che vivono in Svizzera non ha il passaporto rossocrociato. Molte di loro vivono qui da anni o addirittura decenni. Lavorano, pagano le tasse, crescono i figli: di fatto, sono parte integrante della società da molto tempo, eppure restano giuridicamente escluse. Ci sono molti ostacoli alla naturalizzazione; la procedura è complessa e spesso confusa.
Naturalizzarsi significa poter partecipare alle decisioni politiche, essere posti su un piano giuridico di parità, assumere responsabilità, finanche riconoscimento e inclusione. «La nazionalità svizzera è molto più di un pezzo di carta», spiega Véronique Rebetez, responsabile del servizio per la migrazione del sindacato Syna e membro della Commissione federale della migrazione (CFM). «Indica che la persona fa parte del gruppo e può partecipare alle decisioni».
Quando la decisione si basa su dettagli
Gli esempi di quanto la procedura di naturalizzazione possa essere assurda non mancano di certo. Talvolta si chiedono ai candidati specificità locali, come citare i bistrot del Comune o gli animali che vivono nel parco faunistico di Goldau, che pur non essendo rilevanti per l'integrazione determinano in parte l'esito della naturalizzazione.
Molti altri motivi non pertinenti possono pregiudicare la procedura di persone molto ben integrate. Come per un uomo residente in Svizzera da 25 anni che ha avuto un colpo di sonno al volante: nessuno è rimasto ferito nell'incidente, ma la menzione nel casellario giudiziario ha determinato il rifiuto della naturalizzazione O per una madre francofona che si è vista respingere la domanda perché le sue conoscenze del tedesco sono state considerate insufficienti, nonostante risieda in un Comune ufficialmente bilingue.Una riforma con effetti indesiderati
Nel 2018 è entrata in vigore la revisione della legge sulla cittadinanza, che si prefiggeva di semplificare e uniformare le procedure, ma che in realtà ha complicato parecchio le cose. «La riforma è partita da buone intenzioni, ma ha inasprito i requisiti sotto molti punti di vista», spiega Véronique. A tutt'oggi, solo il 2 per cento della popolazione straniera presenta una domanda di naturalizzazione, una quota decisamente bassa nel confronto internazionale.
La riforma non è stata in grado nemmeno di uniformare le diverse condizioni applicate da un Cantone o addirittura da un Comune all'altro. Agli anni di domicilio in Svizzera richiesti dalla legislazione federale può essere aggiunto un soggiorno minimo nel Cantone o nello stesso Comune, anche fino a cinque anni. «Capita che, trasferendosi nel Comune accanto dopo quattro anni e mezzo, si debba ricominciare tutto daccapo. Una condizione del genere non rispecchia più la nostra società, sempre più mobile», si indigna Véronique. «Tutti devono avere le stesse opportunità, a prescindere da dove risiedono. È un principio sancito dalla nostra Costituzione».Servono regole chiare che riflettano la realtà
La CFM chiede criteri uniformi, equi e comprensibili. Chiunque abbia risieduto legalmente in Svizzera per un periodo compreso tra i cinque e gli otto anni, non abbia commesso reati gravi e padroneggi oralmente una lingua nazionale dovrebbe poter presentare una domanda di naturalizzazione. «Servono condizioni realistiche e inclusive», prosegue Véronique. «Oggi si insiste sulla lingua scritta, il che svantaggia molte persone, fra cui chi ha difficoltà a leggere e scrivere».
Anche il concetto di «partecipazione economica» andrebbe inteso in senso più ampio. Le persone che lavorano a tempo parziale, si impegnano nel volontariato o si prendono cura di un familiare contribuiscono anch'esse alla società. «Un contributo al bene comune non si concretizza unicamente in un reddito», afferma Véronique. «Chi partecipa alla società deve poter partecipare anche al processo decisionale».
Inoltre, i titolari di un permesso C dovrebbero essere informati attivamente della possibilità di ottenere la naturalizzazione. Molti non sanno nemmeno di soddisfare da tempo tutte le condizioni necessarie e vi rinunciano per ignoranza o insicurezza.Vantaggi per le imprese
La naturalizzazione va anche a vantaggio delle imprese. Le persone naturalizzate non hanno più bisogno di un permesso di soggiorno. Ciò consente ai datori di lavoro di ridurre i costi e pianificare la gestione del personale in tutta sicurezza. «Per le imprese è un grande vantaggio avere collaboratori di lunga data saldamente radicati in Svizzera, anche sul piano giuridico», conferma Véronique. Questa stabilità è particolarmente importante nei settori in cui c'è carenza di personale qualificato, come l'assistenza sanitaria, l'edilizia o la ristorazione.
La cittadinanza come riconoscimento
La naturalizzazione non è un regalo, ma una promessa reciproca. La persona naturalizzata assume dei doveri: pagare le tasse, rispettare le leggi, partecipare alla democrazia. Ma anche la società assume un impegno: riconosce che qualcuno ne fa parte, non solo nella vita di tutti i giorni, ma anche sul piano giuridico.
«La cittadinanza è una prova di fiducia», afferma Véronique, «un segno di apprezzamento per il contributo di una persona». Alcuni studi dimostrano che le persone naturalizzate sviluppano un legame più forte con la Svizzera, si impegnano più spesso in politica e nella società e rafforzano così la coesione sociale.
Un'apertura che rafforza il nostro Paese
La Svizzera è ricca di diversità e la procedura di naturalizzazione deve rispecchiare questa realtà. Non deve escludere, ma includere. Véronique Rebetez non ha dubbi: «Un processo di naturalizzazione equo, trasparente e conforme alla realtà sociale della Svizzera non rende il Paese più debole, ma più forte».