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Un primo pilastro debole

In materia di assicurazioni sociali, la Svizzera ha ancora parecchia strada da fare. L'AVS è stata introdotta solo nel 1948, quindi 59 anni dopo la rendita di vecchiaia e invalidità in Germania. Breve retrospettiva sul perché ci sia voluto così tanto tempo e sull'evoluzione dell'AVS.

Fino alla fine del XIX secolo, la famiglia era il principale pilastro della previdenza per la vecchiaia. All'epoca, i sistemi pensionistici e di sicurezza sociale statali come li conosciamo oggi erano praticamente inesistenti; gli anziani e i disabili dovevano fare affidamento sulla famiglia e sulle reti sociali. Era quindi consuetudine che le generazioni più giovani, soprattutto i figli, si prendessero cura dei membri più anziani e deboli della famiglia. In altre parole, era la famiglia ad assumere la funzione di rete di sicurezza sociale.

Dipendenza dalla famiglia

Per quanto il modello familiare di aiuto reciproco, che fornisce anche sostegno emotivo e finanziario, avesse indubbi vantaggi, non era sicuro. Un conflitto all'interno della famiglia, come pure la mancanza di parenti, poteva avere conseguenze nefaste non solo a livello emotivo, ma anche esistenziale. Infatti, se veniva a mancare la famiglia si perdeva anche un sostegno nella vecchiaia. Ciò rendeva le donne particolarmente vulnerabili, in quanto confrontate a opportunità di lavoro limitate. Molte professioni erano aperte soltanto agli uomini e spesso le donne avevano accesso unicamente a lavori mal retribuiti che le costringevano troppo sovente a rimanere in relazioni conflittuali. L'assenza di un sistema di previdenza per la vecchiaia gestito dallo Stato era un problema ed esponeva a una vecchiaia in povertà anche le coppie senza figli e le persone sole.

Svizzera in ritardo

Con l'industrializzazione, il ruolo della famiglia come pilastro centrale della previdenza sociale si è gradualmente indebolito. L'avanzata dei movimenti operai ha quindi moltiplicato le richieste allo Stato di garantire la sicurezza sociale e di sancire per legge tale diritto. La sicurezza sociale non doveva più essere una questione relegata alla famiglia e alla carità cristiana. In Germania, ad esempio, l'imperatore Otto von Bismarck introdusse già negli anni Ottanta dell'Ottocento un'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie e un'assicurazione per la vecchiaia e l'invalidità. Questo gli permise anche di sottrarre terreno fertile al crescente movimento operaio. In Svizzera, lo sviluppo delle assicurazioni richiese più tempo. La prima assicurazione ad essere istituita fu la SUVA, nel 1918, che tuttavia copriva solo pochi settori e lavoratori. La copertura sarà estesa a tutti i dipendenti soltanto negli anni 1980.

L'assicurazione per la vecchiaia impiegò ancora più tempo per affermarsi. Nel corso dello sciopero nazionale del 1918, le richieste di un'assicurazione per la vecchiaia si erano fatte più pressanti, ma ci vollero sette anni prima che il Parlamento formulasse un articolo costituzionale. Solo nel 1931 il popolo si espresse sul disegno di legge, che prevedeva una rendita annua omogenea di 200 franchi a partire dal 66° anno di età e prestazioni complementari per le persone più bisognose. Nel 1931, 200 franchi erano una pensione a dir poco modesta, ma questo non impedì ai liberali conservatori, ai rappresentanti dei contadini e ai cattolici conservatori di opporsi alla legge, ritenendo che la previdenza per la vecchiaia fosse una questione privata o di assistenza della Chiesa. Gli oppositori ebbero successo: alle urne, il 60,3 per cento dei votanti pose il proprio veto al progetto.

L'antesignana «Wehrmannsschutz»

La sicurezza sociale tornò alla ribalta con la mobilitazione del secondo conflitto mondiale. Si sa: quando si tratta di soldati, tutti gli schieramenti politici si trovano d'accordo! Così, nel dicembre del 1939 il Consiglio federale decise di versare un'indennità per la perdita di guadagno a tutti i soldati in servizio attivo. Nell'ambito del cosiddetto regime di protezione dei militari («Wehrmannsschutz»), gli uomini che prestavano servizio ricevevano fino al 90 per cento dello stipendio. Ma l'importo non era uguale per tutti: la retribuzione dei celibi era nettamente inferiore a quella dei coniugati. L'obiettivo era di garantire che le mogli degli uomini in servizio non fossero costrette a lavorare a causa della perdita di reddito. Non si doveva mettere a repentaglio l'immagine tradizionale dell'uomo capofamiglia. Il regime di indennità per perdita di guadagno (IPG) veniva finanziato attraverso contributi salariali versati da tutta la popolazione attiva (anche le donne e gli stranieri) e dai datori di lavoro.
Néanmoins, tous les soldats ne touchent pas la même somme: les célibataires reçoivent nettement moins que les personnes mariées. En effet, on veut éviter que les épouses des hommes en service soient contraintes d'entrer sur le marché du travail en raison de revenus moindres. L'image traditionnelle de l'homme qui subvient aux besoins de sa famille ne doit pas être mise en péril. Le régime des allocations pour perte de gain (APG) est financé par des cotisations salariales versées par tous les travailleurs (y compris les femmes et les étrangers) et les employeurs travaillant en Suisse.

Conversione con lacune

Alla fine della guerra, il sistema di indennità per perdita di guadagno aveva generato un'eccedenza di oltre un miliardo di franchi. La sinistra e i sindacati, così come i radicali-liberali, chiesero che questa eccedenza fosse utilizzata come capitale iniziale per l'AVS e che il regime di assicurazione militare fosse convertito in un regime di assicurazione generale per la vecchiaia. La forte pressione politica indusse il Consiglio federale a presentare, nel 1946, un progetto di legge che fu approvato dal Parlamento. Questa volta, il referendum indetto da una coalizione di cattolici conservatori e rappresentanti del mondo economico non ebbe alcuna possibilità di successo e l'assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti fu approvata da una netta maggioranza (80 per cento) dei votanti. L'AVS fu concepita come un'assicurazione solidale con determinati effetti ridistributivi, una percentuale di contribuzione basata sul reddito e una rendita limitata a un massimo del doppio della rendita minima. In altre parole, chi guadagnava tre volte di più avrebbe versato contributi tre volte maggiori, ma avrebbe ricevuto una rendita al massimo doppia.

Questo sistema poteva essere considerato un enorme successo; ma quando venne introdotta, la rendita minima AVS era di appena 40 franchi al mese – al netto dell'inflazione, circa 200 franchi di oggi. Le persone con un capitale di cassa pensioni esiguo o nullo non potevano vivere con una rendita così bassa. Una delle ragioni di rendite tanto modeste era la lobby delle casse pensioni private, le prime risalenti alla fine del XIX secolo. Anche se all'epoca solo un quarto dei dipendenti contribuiva a un fondo pensione, soprattutto dipendenti pubblici, agenti di polizia e insegnanti, le casse godevano di una notevole influenza politica ed erano consapevoli che un'AVS troppo forte le avrebbe rese superflue.

Donne penalizzate

Nemmeno la nuova AVS riuscì a spezzare la dipendenza delle donne dai mariti, giacché soltanto chi esercitava un'attività lucrativa versava i contributi e solo chi aveva contribuito aveva diritto a una rendita. In un sistema tradizionale le donne si occupano della casa e di compiti di accudimento e assistenza e, non esercitando un'attività lucrativa, non versano contributi AVS. La rendita per coniugi avrebbe dovuto compensare tale situazione, ma non veniva versata a entrambi i coniugi, bensì al marito. In caso di divorzio la donna non riceveva nulla. A livello strutturale, l'AVS di allora penalizzava non solo le casalinghe, ma anche le donne attive, poiché l'importo della rendita dipendeva dai contributi versati. E in passato, ancor più di oggi, molte donne lavoravano a tempo parziale e quindi percepivano un reddito inferiore a quello degli uomini. A ciò si aggiunge che le professioni svolte prevalentemente da donne, come le cure, le pulizie o l'educazione, erano retribuite meno delle professioni tipicamente maschili.

Casse piene

Le basse rendite versate negli anni Cinquanta contrastavano con le entrate dell'ordine di miliardi. Poiché l'AVS incassava molto più di quanto spendeva, la sinistra chiese un aumento delle rendite. La richiesta fu soddisfatta, quantunque con un aumento assai modesto. Negli anni Sessanta, il dibattito sulla necessità di rendite che garantissero la sussistenza si era intensificato: 220 franchi erano ben lungi dall'assicurare il minimo vitale. L'AVS doveva essere un regime di base in grado di garantire il minimo esistenziale, oppure la previdenza professionale – ovvero le casse pensioni private – doveva essere estesa a tutti? Nel 1970, il Partito Socialista, insieme ai sindacati, presentò un'iniziativa volta a potenziare l'AVS e a rendere obbligatoria la previdenza professionale.

Compromesso elvetico

I partiti borghesi furono costretti a reagire. Per non perdere la loro influenza sull'organizzazione della previdenza per la vecchiaia, nel 1970 lanciarono la loro iniziativa «per una previdenza per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità al passo con i tempi». Alla fine, sia la sinistra che i borghesi ritirarono le loro iniziative e si accordarono su un compromesso. La «soluzione svizzera» prevedeva un modello a tre pilastri: oltre a un'AVS potenziata come primo pilastro, la cassa pensioni (secondo pilastro) e la previdenza privata facoltativa (terzo pilastro) avrebbero dovuto garantire una vecchiaia dignitosa. Con questo compromesso, il PS e i sindacati dovettero abbandonare le speranze di un sistema di previdenza per la vecchiaia puramente statale. Il modello a tre pilastri venne approvato dall'elettorato il 3 dicembre 1972 con il 74 per cento di voti favorevoli e inserito nella Costituzione.

Le lacune persistono

Nonostante sia stata rafforzata a più riprese, l'AVS non è e non sarà mai sufficiente a garantire uno standard di vita minimo. Dal 1966 è possibile chiedere delle prestazioni complementari, se la rendita AVS non è sufficiente per vivere – tra il 10 e il 20 per cento dei beneficiari dipende da tali prestazioni; secondo l'Ufficio federale di statistica, alla fine del 2021 era il 12,5 per cento e per i beneficiari di rendite AI addirittura il 50 per cento.

La riforma dell'AVS del 1997 ha apportato importanti miglioramenti per le donne, introducendo in particolare la rendita individuale e la suddivisione dei redditi (splitting). Grazie alla rendita individuale, ognuno riceve la propria rendita a prescindere dallo stato civile. Grazie allo splitting, invece, i redditi percepiti durante il matrimonio vengono sommati e poi divisi equamente tra i coniugi – una modifica che avvantaggia soprattutto le donne divorziate. Sono anche stati introdotti degli accrediti per compiti educativi e per compiti assistenziali. Alle persone che accudiscono i figli di età inferiore ai 16 anni, e che quindi hanno una capacità lavorativa ridotta, viene assegnato un reddito «fittizio» che consente loro di ricevere, a tempo debito, una rendita più elevata.

Quale avvenire per l'AVS?

Rispetto ai sistemi sociali di altri Paesi, il modello svizzero con tre pilastri fa poco per ridurre le disuguaglianze sociali. Solo il primo pilastro è strutturato in modo solidale. Tutti i lavoratori versano una quota prestabilita del salario, ma percepiranno al massimo il doppio della rendita minima. Solo l'8 per cento dei lavoratori svizzeri meglio retribuiti versa all'AVS, durante la vita attiva, più di quanto riceverà in seguito sotto forma di rendita. I lavoratori a basso e medio reddito beneficiano quindi dell'AVS: quanto più forte è il primo pilastro, tanto più solidale è la previdenza per la vecchiaia. Le due votazioni del 3 marzo 2024 ci permetteranno di definire la rotta futura. Vogliamo rafforzare l'AVS, ampliando il pilastro solidale del modello dei tre pilastri, o per una vita dignitosa nella vecchiaia intendiamo continuare a fare affidamento su un sistema previdenziale basato prevalentemente sul secondo pilastro?

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