Ad intervalli regolari l'elettorato svizzero deve fare i conti con iniziative ostili agli stranieri e anti-immigrazione. Anche il 25 novembre prossimo il popolo sarà chiamato a votare sulla cosiddetta iniziativa «per l'autodeterminazione». Una definizione concettualmente edulcorata, giacché non si tratta né di «giudici stranieri», né di «autodeterminazione», ma piuttosto di «autolimitazione» – anche per le lavoratrici e i lavoratori!
Secondo l'«iniziativa per l'autodeterminazione» dell'UDC, le disposizioni nella nostra Costituzione federale dovranno sempre avere il primato sul diritto internazionale. Fanno eccezione le disposizioni imperative del diritto internazionale, come ad esempio il divieto di tortura.
Concretamente significa che se le disposizioni di un contratto il diritto internazionale non corrispondono alla Costituzione elvetica, il contratto va rinegoziato o, se necessario, disdetto. Tale disposizione non è applicabile ai contratti per i quali il popolo svizzero avrebbe potuto lanciare un referendum o che ha approvato alle urne con un referendum.
Le reali intenzioni dell'UDC sotto le spoglie di questa iniziativa sono chiare: rompere con i trattati internazionali come la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). In questo modo potrebbe imporre più facilmente le sue iniziative che violano importanti diritti fondamentali, come quelle lanciate negli ultimi tempi da cerchie della destra conservatrice.
Dopo la loro adozione, il Parlamento ha dovuto attuarle con estrema cautela per non violare il diritto internazionale – o altre disposizione costituzionali che salvaguardano tale legislazione internazionale. Le conosciamo tutti: l'iniziativa sull'immigrazione di massa, l'iniziativa espulsione e poi l'iniziativa per l'attuazione o, ancor prima, l'iniziativa contro i minareti, autentici attacchi frontali ai diritti fondamentali di minoranze o ad accordi tra Stati. Ma ad essere in pericolo non sono soltanto i diritti fondamentali esistenti, ma anche diritti e disposizioni a tutela della classe lavoratrice!
A rischio anche l'adesione sindacale
Il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di aderire a un sindacato per salvaguardare i propri interessi è garantito non solo dalla Costituzione federale (articolo 28 «Libertà sindacale»), ma anche dalle convenzioni sul lavoro dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) di Ginevra. Questa legislazione fondamentale sul lavoro è, quindi, doppiamente protetta. Se l'iniziativa fosse adottata, la «tutela internazionale» non sarebbe più applicabile. Ciò sarebbe fatale, poiché la Costituzione federale può essere modificata in un plebiscito anche per volontà di una minoranza di elettori (in Svizzera l'affluenza alle urne è in media significativamente inferiore al 50%). In Svizzera i diritti fondamentali riconosciuti a livello internazionale, come il diritto di aderire a un sindacato, sarebbero quindi continuamente a rischio. Questa condizione è indegna del nostro Paese e va impedita!
Protezione internazionale per le lavoratricie e i lavoratori
Le convenzioni internazionali sul lavoro specificano anche diritti solo parzialmente regolati nella Costituzione federale. Ad esempio il diritto alla contrattazione collettiva, ossia il diritto applicabile ai sindacati di negoziare a determinate condizioni con i datori di lavoro od organizzazioni dei datori di lavoro per conto dei loro soci. Allo stesso modo una convenzione garantisce il diritto ad un congedo di maternità retribuito di almeno 14 settimane, con un divieto assoluto del lavoro di sei settimane dopo il parto. Pertanto, anche importanti istituzioni come i contratti collettivi di lavoro o l'assicurazione maternità sarebbero a rischio. Inoltre, l'ordinamento giuridico svizzero non è immune da ingiustizie o lacune, come dimostra la disputa sulle richieste di risarcimento danni per le vittime dell'amianto (vedi Infobox).
Referendum contro detective assicurativi grazie all'Europa
Il prossimo 25 novembre voteremo anche su una modifica di legge che concede ai segugi delle assicurazioni molte più possibilità per sorvegliare gli assicurati. Questa votazione la dobbiamo alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo (Corte EDU). Infatti, a caccia di frodi assicurative, la SUVA applicava pratiche di sorveglianza degli assicurati che andavano ben oltre i limiti della legalità. Una vittima di queste pratiche si è rivolta alla Corte. Ecco perché la Svizzera deve adeguare la legge – modifica contro la quale è stato possibile lanciare il referendum. Con l'iniziativa dell'autodeterminazione non sarebbe stato possibile giungere a Strasburgo e, di conseguenza, ben note compagnie di assicurazione sociale e private svizzere continuerebbero ad adottare pratiche che violano i diritti fondamentali, a seconda di come soffia il vento politico!
I diritti delle donne
Non dimentichiamo il suffragio femminile, che la Svizzera ha finalmente introdotto a livello federale nel 1971 dopo decenni di tira e molla. Si rese necessario affinché il nostro Paese potesse ratificare la CEDU. Anche la parità di retribuzione tra donne e uomini per lavoro equivalente, per la quale ci battiamo da decenni, è tutelata da una norma dell'OIL.
Tutti questi esempi dimostrano che aderire a trattati internazionali vincolanti di tutela dei lavoratori è assolutamente importante anche in Svizzera! Pertanto, il 25 novembre 2018 ognuno di noi dovrebbe votare NO all'iniziativa per l'autodeterminazione!
Termine di prescrizione – un concetto dai toni meramente giuridici, ma che occorre assolutamente conoscere: fino a questa primavera in Svizzera era di 10 anni. Dieci anni durante i quali si possono avanzare richieste di risarcimento danni. Un periodo troppo breve per le vittime dell'amianto, gente costretta a lavorare con questo materiale letale fino negli anni ottanta! Infatti, la grave forma di cancro (mesotelioma) può manifestarsi fino a 35 anni dopo l'esposizione alle tossine. Con un termine del genere la maggior parte delle vittime sarebbe morta nel più laconico anonimato, se diverse denunce contro le società responsabili non avessero acceso un dibattito pubblico sulla responsabilità delle imprese e la protezione della salute.
Ad ogni buon conto la Corte ha stabilito che un termine così breve ostacola il diritto a un equo processo (art. 6 CEDU) e che in questi casi la Svizzera dovrebbe ripensare i propri termini di prescrizione. Ma i relativi lavori parlamentari sono stati procrastinati, giacché è stato istituito un fondo di risarcimento al quale potevano rivolgersi le vittime di neoplasie provocate dall'amianto, in particolare quelle prive di copertura di un'assicurazione contro gli infortuni professionali. Il fondo è stato alimentato dall'industria di trasformazione dell'amianto, e per ora le rivendicazioni sono possibili fino al 2025. La responsabilità dell'economia è stata quindi trattata in maniera extragiudiziale. Si è lasciato alla discrezione morale delle singole imprese se partecipare finanziariamente al fondo di risarcimento. Nel maggio del 2018 il Parlamento ha deciso di prorogare a 20 anni il termine di prescrizione assoluto in caso di danni alle persone. Il Consiglio federale aveva inizialmente proposto 30 anni.