Alla fine dell'anno, molti dipendenti si aspettano di ricevere una gratifica (bonus) o una tredicesima mensilità, una consuetudine che non di rado crea malintesi.
La tredicesima mensilità è sicuramente una quota dello stipendio. Una gratifica, invece, può essere – ma non è necessariamente – una componente fissa del salario. Questa distinzione istilla il dubbio perfino negli stessi datori di lavoro e nel personale delle risorse umane. Infatti, se la gratifica è una componente fissa del salario, allora sussiste un diritto vincolante a riceverla; se il rapporto di lavoro cessa prima della fine dell'anno, si ha diritto a un importo parziale («pro rata») proporzionale alla durata annuale del lavoro. In caso di uscita, è quindi buona norma chiarire in anticipo se esiste un obbligo contrattuale al versamento di un'indennità di fine anno.
Fissa o variabile?
La maggior parte dei contratti collettivi di lavoro (CCL) prevede il pagamento di un'indennità di fine anno (tredicesima mensilità). Solitamente l'importo corrisponde a un mese di stipendio. Si tratta chiaramente di un versamento salariale, visto che l'importo non è variabile o liberamente determinabile dal datore di lavoro.
La situazione è diversa nel caso della gratifica: può essere concordata¬, come ad esempio una quota di partecipazione al risultato aziendale; in questo caso è considerata alla stregua del salario e deve essere versata. Un importo variabile che può essere determinato dalla direzione, invece, non è un salario; pertanto, non vi è alcun diritto pro rata in caso di cessazione del rapporto d'impiego.