Suely Ludovica Alves è attiva come donna delle pulizie fin dal suo ingresso in Svizzera avvenuto nel 1999. Purtroppo nel suo lavoro la 60enne con doppia cittadinanza brasiliana e portoghese non ha avuto solo esperienze positive.
Dopo quasi tre anni di pandemia, anche quest'anno la situazione economica incerta e la crisi energetica avrebbero potuto compromettere le trattative salariali. I risultati sono stati per lo più inferiori alle aspettative, con un settore sanitario che si riconferma fanalino di coda. Particolarmente soddisfacenti, per contro, i risultati nell'industria dei laterizi, nel ramo delle pulizie e nella costruzione di binari.
Con riserva della decisione definitiva del Consiglio federale in merito alla dichiarazione di forza obbligatoria del CCL per il periodo 2023–2025, i salari minimi del CCL per il ramo delle pulizie nella Romandia aumenteranno dal 1° gennaio prossimo per tutte le categorie professionali. L'aumento (tra 15 e 25 centesimi l'ora) è compreso tra lo 0,5 e il 2,3 per cento.
Nel ramo professionale delle pulizie, i dipendenti lavorano in condizioni di grande precarietà – molti in nero o con salari esigui. Per Syna c'è ancora moltissimo da fare!
Tredicesima mensilità, pause garantite, un salario sufficiente per vivere: per molti lavoratori e lavoratrici impiegati nel settore dei servizi tutto questo non è affatto scontato. A tutt'oggi, centinaia di migliaia di dipendenti (soprattutto donne) sono ancora intrappolati in condizioni d'impiego precarie. Il sindacato Syna esorta ad essere solidali con queste donne. Il 14 giugno 2021, nella giornata dello sciopero delle donne*, lanceremo tutti insieme un segnale forte contro condizioni di lavoro indegne.
Teresa Bras è originaria del Portogallo e vive in Svizzera da sei anni. Il suo senso del dovere le è quasi costato la salute nel suo lavoro di governante. Ora la 55enne vuole incoraggiare altre donne a difendere i propri diritti.
Donne e uomini migranti sono palesemente discriminati sul mercato del lavoro elvetico. Inoltre, le donne immigrate vengono impiegate in settori a basso reddito e in condizioni di lavoro precarie in misura superiore alla media e vengono discriminate a causa del genere, del passato di migrazione o della fede, dunque su più fronti. La crisi del coronavirus le colpisce in modo particolare. Ma perché?
In Svizzera, la maggior parte delle persone colpite da povertà è rappresentato da donne sopra i 65 anni, in prevalenza senza passaporto svizzero, con un livello d'istruzione pari alla scuola dell'obbligo e che vivono sole. Quelle attive sono impiegate in condizioni precarie, sono mal pagate e hanno generalmente minori possibilità sul mercato occupazionale.
Gli uomini sono i capifamiglia e per questo lavorano a tempo pieno e hanno bisogno di uno stipendio elevato. Le donne si occupano della casa e dei figli e non hanno tempo per lavorare. Se esercitano comunque un'attività retribuita, allora solo a tempo parziale – per via della casa e dei figli – e in realtà solo per distrarsi o per guadagnare qualche spicciolo in più. Nessuna donna deve lavorare: c'è già l'uomo che lo fa!