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Tredicesima mensilità, pause garantite, un salario sufficiente per vivere: per molti lavoratori e lavoratrici impiegati nel settore dei servizi tutto questo non è affatto scontato. A tutt'oggi, centinaia di migliaia di dipendenti (soprattutto donne) sono ancora intrappolati in condizioni d'impiego precarie. Il sindacato Syna esorta ad essere solidali con queste donne. Il 14 giugno 2021, nella giornata dello sciopero delle donne*, lanceremo tutti insieme un segnale forte contro condizioni di lavoro indegne.

Nella sua ancor breve carriera professionale, Aurore Schulz ha già vissuto molte vicende diverse. Al termine dell'apprendistato di commercio, attraverso il settore del turismo è approdata all'industria alberghiera. Ciò di cui sente maggiormente la mancanza nel suo lavoro è la considerazione e la coesione.

Donne e uomini migranti sono palesemente discriminati sul mercato del lavoro elvetico. Inoltre, le donne immigrate vengono impiegate in settori a basso reddito e in condizioni di lavoro precarie in misura superiore alla media e vengono discriminate a causa del genere, del passato di migrazione o della fede, dunque su più fronti. La crisi del coronavirus le colpisce in modo particolare. Ma perché?

In Svizzera, la maggior parte delle persone colpite da povertà è rappresentato da donne sopra i 65 anni, in prevalenza senza passaporto svizzero, con un livello d'istruzione pari alla scuola dell'obbligo e che vivono sole. Quelle attive sono impiegate in condizioni precarie, sono mal pagate e hanno generalmente minori possibilità sul mercato occupazionale.

Gli uomini sono i capifamiglia e per questo lavorano a tempo pieno e hanno bisogno di uno stipendio elevato. Le donne si occupano della casa e dei figli e non hanno tempo per lavorare. Se esercitano comunque un'attività retribuita, allora solo a tempo parziale – per via della casa e dei figli – e in realtà solo per distrarsi o per guadagnare qualche spicciolo in più. Nessuna donna deve lavorare: c'è già l'uomo che lo fa!

Tredicesima mensilità, pause garantite, piano settimanale, salario sufficiente per vivere… Per molti lavoratori e lavoratrici del settore dei servizi non si tratta di ovvietà, ma di chimere. Sono le centinaia di migliaia di dipendenti, soprattutto donne, intrappolate*i nella precarietà del lavoro.

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