Alla conferenza dell'industria MEM della scorsa settimana, i*le partecipanti hanno adottato un vasto piano d'azione a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori. Oltre ad adeguamenti salariali, i dipendenti del settore chiedono maggiore condeterminazione in azienda, la partecipazione dei datori di lavoro alla MEM-Passerelle 4.0 e una migliore protezione della salute.
Donne e uomini migranti sono palesemente discriminati sul mercato del lavoro elvetico. Inoltre, le donne immigrate vengono impiegate in settori a basso reddito e in condizioni di lavoro precarie in misura superiore alla media e vengono discriminate a causa del genere, del passato di migrazione o della fede, dunque su più fronti. La crisi del coronavirus le colpisce in modo particolare. Ma perché?
In Svizzera, la maggior parte delle persone colpite da povertà è rappresentato da donne sopra i 65 anni, in prevalenza senza passaporto svizzero, con un livello d'istruzione pari alla scuola dell'obbligo e che vivono sole. Quelle attive sono impiegate in condizioni precarie, sono mal pagate e hanno generalmente minori possibilità sul mercato occupazionale.
Gli uomini sono i capifamiglia e per questo lavorano a tempo pieno e hanno bisogno di uno stipendio elevato. Le donne si occupano della casa e dei figli e non hanno tempo per lavorare. Se esercitano comunque un'attività retribuita, allora solo a tempo parziale – per via della casa e dei figli – e in realtà solo per distrarsi o per guadagnare qualche spicciolo in più. Nessuna donna deve lavorare: c'è già l'uomo che lo fa!
Tredicesima mensilità, pause garantite, piano settimanale, salario sufficiente per vivere… Per molti lavoratori e lavoratrici del settore dei servizi non si tratta di ovvietà, ma di chimere. Sono le centinaia di migliaia di dipendenti, soprattutto donne, intrappolate*i nella precarietà del lavoro.
A un anno dallo scoppio della pandemia di coronavirus, è tempo di tracciare un primo bilancio: come si è evoluto il ramo professionale della sanità? E come stanno le lavoratrici e i laboratori del settore?
La primavera è iniziata, ma i ristoranti rimangono chiusi. Così ha deciso il Consiglio federale a metà marzo. Syna comprende la necessità di questa linea d'azione, ma non bisogna sottovalutare l'estrema incertezza e soprattutto le conseguenze finanziarie di questa decisione per i dipendenti del settore della ristorazione.
Marzo 2020: lockdown! Il Paese tutto intero si ferma. Proprio tutto? Certo che no: da Syna le linee telefoniche sono roventi – e a un anno di distanza lo sono ancora: a nome delle lavoratrici e dei lavoratori, noi e la nostra organizzazione mantello Travail.Suisse restiamo alacremente in contatto con il Consiglio federale e le associazioni padronali, come si evince da una giornata tipo del presidente di Travail.Suisse, Adrian Wüthrich:
Siamo tutti stanchi di non poter andare al ristorante, di indossare ovunque la mascherina… Ma le conseguenze di queste restrizioni sono ancora peggiori per i dipendenti: molti sono al beneficio del lavoro ridotto o hanno addirittura perso l'impiego. Syna si batte fin dall'inizio della pandemia – e ha già incamerato qualche successo!